Chi crede che un orizzonte gli si svolga dietro come per caso
ma obbediente alla richiesta del suo sguardo e che altrimenti
l’essenza presunta della realtà si dissolva
e voli come nevischio o sabbia da un telo sbattuto
lasciando il vuoto o, meglio o peggio che sia, rivelandosi nulla
non ha visto (casualità dello sguardo!) alle spalle
magari in uno specchietto retrovisore le montagne
con la loro neve, battute dalla luce
residua diffusa ancora
nella necessità
le montagne che erano già lì perché dovevano essere
viste o non viste
da una strada persa di città
così lei nella memoria che la desidera ed erra
per il ricordo del suo sorriso
perché solo la memoria disfà la propria figura ma resta tormento
così le parole che arrivano solo improvvise, rotte
per distrazione le barriere
di paura abitudine sfiducia e della vita in generale
ma ogni rivelazione l’istante dopo
è un peso da trascinare e diciamo pure stupida
scrittura (distesa nel biancore, a dormire affondando
nella sabbia ogni segno col suo mistero
che non vale la pena)
Ma questo è più importante, l’unica cosa qui capìta:
l’impossibile è la necessità
che non può essere e non è
qui, dove ha luogo l’impensabile.
(Eppure, dopo molto silenzio di spazio percorso.
In un luogo non più felice, non più reale di questo...)
lunedì 26 ottobre 2009
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