città con fiume

città con fiume
olio - Paolo Parma

sabato 4 settembre 2010

Notte di Borca

Ecco ad esempio la notte cos’è
le insegne accese dell’Agip che vedo dalla finestra
e il sonno pesante di sonniferi della barista
così diversa ormai dalla foto sbiadita
che stava appesa al muro - ora non più
lei e il futuro marito anni ’70 e una moto
certo anche il presente è vita c’è sempre clientela di operai
camionisti e bevitori di paese
e queste ombre dorate i riflessi dell’abat-jour e del rame
sull’altro vetro che dà verso il pendio, il torrente
gelido e chiaro e le montagne
(ma un gruppo di ragazze l’altra sera si dicevano in strada
“... questo paese di merda” e il paese
in qualche modo replicherà
che è così ovunque)
e la luna là tramontata dietro Monte Pena
riflette la sua luce sulle nuvole
(riflesso di un riflesso, ma è
la luce della luna) come i fari di una festa in città
e la nuvola drago a strisce di carta si china a vederla
la grande nuvola pettinata dal vento
come un litorale
di un oscuro mare
e le stelline colorite in viso la guardano
e anche un signore dalla faccia scura
sfrangiata
con un cappello sfilacciato
sopra le nevi delle selle
quando l’aria fresca è anche dolce di un sentore di pini e vaniglia
questa è tutta la dolcezza della sera
senza la sua pena
invisibili i veri sogni
dorati o paurosi dei figli
poi il drago prova piegando il collo
a mangiarsi la luna
e forse ci crede

4 commenti:

  1. Io sono sempre in ritardo cosmico, a rilasciare i miei commenti...
    Ho letto e riletto la tua poesia, Luca. Conosco Borca e la zona, ma conosco soprattutto gli stati d'animo che descrivi. In qualche modo, penso che li conoscano tutti, anche se mai li hanno esplicitati (anzi, condesati, resi immagini, suoni, colori) in una poesia.
    Da piccola amavo stare per ore a leggere le nuvole. Vi vedevo di tutto, ma sarebbe riduttivo dire che ci vedevo ciò che volevo.
    Come macchie di Rorschach, le nostre interpretazioni delle nuvole ci rivelano qualcosa di noi stessi, racchiuso nel profondo. Paure, emozioni, smarrimenti, lettere scritte nel cielo che ci parlano nel modo più semplice e diretto, stante che siamo noi stessi a... creare le nuvole.
    E così anche il drago-nuvola, nostra creazione e paura, aleggia su di noi fintanto che lo permettiamo. Ma, come conclude la poesia, non la spunterà lui, che crede di potersi mangiare la luna, i sogni nostri e dei nostri figli.
    Non la spunterà finché ci saranno poesie come questa a tenerlo a bada.
    Grazie Luca, per questo bellissimo sprazzo di cielo!

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  2. Grazie Claudia. Mi fa ancora più piacere proprio perché conosci anche tu quei luoghi. E poi, come sempre accade, hai detto qualcosa che a me stesso non era chiaro...

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  3. Ho appena finito di leggere un libro, comprato con una sorta di curiosità, al Mart di Rovereto. Il titolo è "Bellezza e realtà - letture filosofiche", uno di quei testi che di solito fanno scappare tutti.
    Premetto una cosa: non consiglio a nessuno di leggerlo. Le premesse sono ottime, le conclusioni hanno il vizio di non essere coerenti con le premesse. E qui casca il sillogismo.
    Però del buono in giro tra le righe c'è. E quel buono è assai interessante. Sarebbe da farci su un trattato e magari un giorno o l'altro ci provo (adoro mentire a me stessa).
    1) La nostra idea di cosa è bello non deriva da un istinto. L'apprezzamento estetico della natura, di per sé, non potrebbe esserci se non avessimo già elaborato una costruzione sociale, culturale e personale del concetto di "bellezza". Da cui deriva che prima abbiamo un senso estetico dell'arte, della poesia e poi un senso estetico che ci porta ad apprezzare un tramonto o una cima innevata.
    Guardiamoci negli occhi: potrebbe essere altrimenti?
    2) Il senso estetico ha un valore conoscitivo. Più complicato da spiegare, ammetto. E poi lo prenderei con le pinze, nel senso che il "conoscitivo", in questo contesto, è per forza di cose personale, o quanto meno soggettivo, anzi intersoggettivo.
    Tuttavia, spezzo una lancia in favore di questa idea. La poesia, così come un'opera d'arte, ci porta a guardare dentro noi stessi e, in qualche misura, a smuovere le nostre resistenze al cambiamento. E' una rivoluzione, forse, più che un conoscere. Ma, a maggior ragione, qualcosa a cui non possiamo rinunciare, perché solo accettando di rivoluzionare noi stessi (nota la circolarità escheriana) possiamo ritrovare noi stessi nel senso più profondo della parola. E la poesia è questa parola.
    Attendo con grande aspettativa nuove tue poesie!

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  4. Lo sguardo, carico anche delle idee della mente che lo muove, costruisce il paesaggio. Ma a sua volta - non sempre - il paesaggio colpisce lo sguardo e la mente, e se pure lo fa suscitando anche le idee di cosa sia bellezza,queste reagiscono in modo immediato e in buona parte inconscio. Altrimenti non vi sarebbe spazio per alcuno stupore, parola che mi piace sempre meno (meglio pensare a un urto che ti toglie il fiato)ma ha qualcosa a che fare con la cosiddetta ispirazione.

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