I
L’ala era ciò che restava organizzato del corpo
continuando a battere al vento vicino al margine bianco
della corsia tra Mantova e Verona verso il Brennero
ma bloccata per sempre (per sempre, finché una ruota
non la strappi di lì, rapiat, avrebbero scritto, anche solo
sfiorandola, o una pioggia pesante la disfaccia)
in quel punto, vibrante, ma il corpo una chiazza
o un grumo appiattito appena più bruno
del grigio dell’asfalto, accecante sotto il sole, il corpo
entrato nel niente più duro della materia
spinto dall’ala impotente - vela che scuffia
fissata alla parete orizzontale del niente
e da nessun’altra parte il corpo, in nessuna
direzione il remeggio dell’ala,
senza valore le delicate barbule, le frange impalpabili
ora mosse senza fine delle piume anche dal nostro vento.
Così
la tenda di cotone a righe verticali bianche e verdi
(io la ricordo così) che chiudeva la terrazza di via Bixio
- una terrazza grigia ma sempre fresca di piante,
di vino travasato, di battaglie
sottomarine in bacinelle d’acqua
e formiche sterminate, da lì si entrava
nella cucina ombrosa che come tutte le stanze
si apriva sul medesimo rettangolo centrale, insieme
ingresso corridoio e sala, un luogo di passaggio (però c’era il telefono)
o gioco (le macchinine sul sottile perimetro bianco
del pavimento a mosaico, lungo il quale poi incerti
tenendosi al muro camminavano i nonni, o come quando
mi girai e una freccia dolente mi colpì l’occhio)
mentre di questa e delle altre stanze e del loro contenuto
di cui ora non parlo ma esteso quanto è piccola una vita è restato
solo lo spazio – così d’estate lo sbattere di una bandiera
rossa o blu al vento del mare, o la breve frangia
esterna verticale dell’ombrellone là a Torrepedrera
infine così come questo cielo (non un cielo solo
pensato, che non è qui, benché pensato da questo
dolore che non sente) e tutta l’aria viva e indifferente che contiene
e chi è con me e respira la sua solitudine che non sa
riflessa nel battere vero e impossibile di un’ala di cenere:
perenne adolescenza invisibile e avvenire interciso,
errore e bellezza che rimandano a sé, quelle piume
e penne in volo sul taglio dell’inaccettabile.
II
Sola, un’ala era
come un cielo
senza fondo se non
l’incomprensibile presente origine
il nero di questo facile
costellato niente
con questo
niente
ho detto della sua morte
in alto il cigno immortale
aperta vela
mercoledì 7 settembre 2011
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